Walter si guarda intorno. Nella libreria non c’è più nessuno. Va ad abbassare la saracinesca e poi torna dietro il banco della cassa per raccogliere le sue cose. Prima di spegnere le luci, lo sguardo gli cade su una busta bianca che qualcuno deve aver dimenticato. La prende tra le mani aspettandosi un indirizzo, ma non c’è scritto nulla. Non è neppure chiusa. Estrae il foglio che contiene, per capire di che cosa si tratti. Sembra una lettera. La curiosità è più forte di tutte le leggi sulla privacy.
Lo so che non è il modo giusto per dirtelo, ma non riesco a
trovare la mia scorta di coraggio. Quindi, mi farai la cortesia
di accontentarti di questa lettera. Da quando ti ho rivisto,
la mia vita è cambiata. Questo era il primo sintomo, a cui,
se avessi dimostrato un po’ d’intuizione, avrei dovuto subito
badare.
Avrei dovuto chiedermi: perché? Perché averti vicino, ascoltare
le tue parole, anche solo guardarti, mi rendeva una persona
diversa? Lo riconosco soltanto adesso, quello che è entrato
nella mia vita. Si chiama amore. Ecco, volevo dirtelo. Volevo
che lo sapessi. Così, la prossima volta che c’incontreremo,
saprò subito tu che ne pensi, perché non sai nascondere nulla.
Leggerò la verità nei tuoi occhi e non ci sarà bisogno di parole.

Walter osserva di nuovo la busta. È completamente bianca. In fondo alla lettera non c’è alcuna firma, e in cima nessun carissimo/a Tal dei Tali. Non riesce neppure a capire se si rivolge a un uomo o a una donna. Chi l’ha lasciata sul banco? A chi è indirizzata?
La rimette esattamente dove l’ha trovata, poi spegne le luci ed esce.


Il diavolo e l’acqua santa, cane e gatto, incompatibili, inconciliabili, due mine vaganti, due bastiancontrari. Questi sono Walter e il suo socio Vittorio, proprietari della libreria Aretusa. L’arredamento in ciliegio è frutto d’infinite discussioni, i papiri che ornano gli angoli di lotte accanite, senza esclusione di colpi. Soltanto il nome, Aretusa, proposto da Walter dopo una vacanza a Ortigia, è una conquista del tutto inattesa e insperata. Vittorio non gli ha mai confessato di aver ceduto perché quella storia d’amore, tra Aretusa e Alfeo, lo ha sempre commosso, dalla prima volta che gliel’hanno fatta studiare a scuola. È lo stesso motivo che ha spinto Walter a proporlo, ma Vittorio non può saperlo.
Sono stati compagni di scuola al liceo, poi si sono persi di vista, quindi si sono ritrovati, proprio quando entrambi stavano considerando l’idea di aprire una libreria. Per questo hanno unito le loro forze e oggi, a distanza di un anno, si ritrovano soci, nonostante non siano mai andati molto d’accordo. Giochi del caso, che a volte, oltre allo zampino, ci mette pure la coda.


Walter torna a casa pensando a quella lettera. Non poteva essere per lui. Non c’è nessuno che possa riferire a lui parole del genere. Forse sarà per Vittorio. O magari per nessuno dei due. Forse è uno di quei classici oggetti smarriti che conservano in uno scatolone nel retro. Quella lettera finirà insieme a sciarpe, guanti e cappelli che nessuno è più venuto a reclamare.
Walter si riscalda la cena, accende il televisore, guarda distratto il telegiornale, poi mette tutto in lavastoviglie e se ne va a letto. Gli piace leggere a letto. Ha un romanzo che lo aspetta a pagina 215, più o meno sul punto di svolta, almeno lo spera, perché non è che l’abbia preso molto, finora. Ma lui è uno che arriva fino in fondo, anche se è una sofferenza. Per dire che è brutto lo deve finire. C’è un po’ di masochismo in questo, come gli ha detto Vittorio, più di una volta. Ma lui è fatto così. Che ci può fare?
Dopo due pagine, che definire noiose è ancora poco, la sua mente torna alla lettera. È una zecca che gli si è infiltrata sotto la pelle, ma ancora non se n’è reso conto.


Vittorio apre la libreria alle nove in punto. Accende la cassa. Si guarda intorno. Poi vede la busta. Incuriosito la apre, la legge, la lascia cadere. È per lui? No, non può essere. Chi l’ha lasciata sopra il bancone? Walter? Oddio, non può essere. No. Vittorio si ricompone, all’ingresso del primo cliente. Rimette il foglio nella busta e la rimette esattamente dove l’ha trovata.
Oggi, per fortuna c’è un po’ di movimento. Non ci pensa più fino all’ora di chiusura. Ha appuntamento per il pranzo con una sua amica, in un piccolo ristorante a trecento metri da lì. Si avvia lungo il viale, a passo lento. Non vuole arrivare con troppo anticipo. I platani cominciano a ingiallire e qualche foglia cade al soffio di piccole lievi raffiche di vento, che hanno ripulito il cielo, azzurro come i suoi occhi.
Intanto gli torna in mente la lettera. Possibile che gliel’abbia scritta Walter? Non ha mai immaginato che fosse... No, non può essere. Gli sembra di conoscerlo ormai piuttosto bene. Se fosse gay lo saprebbe. Deve averla dimenticata un cliente. Se la verrà a riprendere, oppure resterà là ad aspettare.


Walter arriva alla libreria alle quattro del pomeriggio, appena in tempo per aprire. Una volta raggiunto il banco, vede la lettera. È ancora là. Ma che vuol dire? Perché Vittorio non l’ha messa via? Gliel’ha lasciata lui? È incredibile. No, non può essere. E se fosse proprio così? Gli sembrava di conoscerlo ormai piuttosto bene, Vittorio, ma a questo punto gli sorgono un’infinità di dubbi. Che deve fare? Vittorio è... Vittorio è... Che cos’è Vittorio per lui?
Walter ha sempre ammirato il colore dei suoi occhi, e a volte ha invidiato il suo fisico armonioso e asciutto. Ma con una buona dose di palestra, Walter è riuscito a tenere a bada le maniglie dell’amore, ha rinforzato i muscoli e reso più atletico il suo corpo. Certo, a Vittorio non è mai servito. Ha la predisposizione genetica di una statua greca.
Nella lettera c’è scritto che quando si rivedranno non ci sarà bisogno di parole. Che basterà guardarsi negli occhi. Potrebbe essere da lui, che è sempre stato di poche parole. Un uomo silenzioso, Vittorio, che parla più con gli occhi e l’espressione del viso, che con la voce. Anche se ha una voce morbida, con sacche basse e roche che affondano all’altezza del diaframma.
Walter pensa a Vittorio per tutto il giorno. Alla chiusura lascia la lettera dove si trova.


Vittorio, la mattina successiva, ritrova la lettera esattamente dove l’ha lasciata. Ne deduce che non ci sono più dubbi. Walter vuole che la legga. È per lui. La sua mente vacilla. Persino il cuore perde un colpo. Non si sarebbe mai immaginato nulla del genere. Il suo socio è fuori di testa. Lui, con un uomo... Non ci pensa proprio. Amore, poi. Che parola grossa. Che parola importante. Una parola che ha il suo peso, che richiede una valutazione approfondita. Che cos’è l’amore? In fondo, già, che cosa diavolo è l’amore? Vittorio si rende conto di non saperlo. Non l’ha mai saputo.
Ogni sua storia è andata a puttane proprio sul più bello, accusato di non esser capace di dimostrare tenerezza, di cercare solo una cosa e poi, una volta ottenuta, di fregarsene altamente dei bisogni della sua compagna. Indifferente, freddo, bastardo, queste le accuse che prima o poi gli hanno mosso le sue ex. A ben rifletterci, sì, è vero, lui non ha mai amato e quelle donne gli sono apparse tutte uguali, come fatte in serie, un numero consistente di tritapalle, niente di più.


Walter arriva al pomeriggio con la curiosità di sapere se la lettera è ancora sul bancone. C’è. Allora non ci sono più dubbi. È Vittorio che gliel’ha lasciata là perché la legga. Vittorio? Non gli sarebbe mai venuto in mente. È una vera sorpresa. Che potesse innamorarsi di lui non se lo sarebbe sognato neanche in una nottata di sbronze folli. E adesso? Quando lo rivedrà, cosa diavolo potrà dirgli? “Quello che è entrato nella mia vita si chiama amore.” Amore, Vittorio? L’amore è un sentimento profondo, vasto, impellente quando esplode, vuole risposte. Cosa ti posso rispondere, io? Mi hai colto di sorpresa. È un caos. È una sfida. Un’altra delle tue solite sfide. E alla fine vinci sempre. Che devo fare? Che diavolo mi sta succedendo? Non ci pensare proprio. Non esiste.


Ogni fine mese Walter e Vittorio cenano insieme per fare il punto della situazione. Questa settimana non si sono sentiti neppure al telefono. Si sono ignorati come mai era accaduto prima. Ma questa settimana, a occupare i loro pensieri, c’è stata la lettera.
Walter sa che stasera dovrà incontrare Vittorio. Quest’idea lo allarma tremendamente.
Vittorio sa che stasera dovrà incontrare Walter. L’idea lo spaventa.
Il primo a cedere è Vittorio. Telefona in libreria.

– Walter, mi dispiace moltissimo, ma stasera proprio non posso. Ho un impegno improrogabile.

Walter emette un sospiro di sollievo.

– Non c’è problema, tanto mi pare che non ci sia niente da discutere, va tutto liscio.

– Esatto, anche per me. Facciamo più in là, va bene?
   
– Benissimo.
Dopo un attimo di silenzio, Vittorio chiede:
   
– Non avevi niente da dirmi, vero? - con voce che si fa insinuante.
   
– Io no, e tu?
  
– No, niente. Mi chiedevo se tu...
   
– No, Vittorio. No, niente - con un’impronta torbida nella voce.

Chiudono la telefonata l’uno più imbarazzato dell’altro. Ciascuno attribuisce l’imbarazzo dell’altro alla lettera che ancora giace sul bancone.


Vittorio passeggia tra il soggiorno e la camera da letto come un leone in gabbia. Ha soltanto rimandato il momento della verità. Rimandare non è mai stato il suo forte. Lui affronta i problemi subito, anche con impulsività, deve ammetterlo. Ma questa volta, qualcosa gli fa imitare la calma riflessiva di Walter. Ci vuole tempo per maturare e digerire certe riflessioni. Ci vuole uno spirito contemplativo per affrontare argomenti su cui non si è mai davvero soffermato.


Walter spegne la televisione. Ultimamente non la sopporta più. Negli ultimi giorni preferisce trascorrere il tempo libero pensando a Vittorio. Pensa al suo amore, all’incredibile confessione che gli ha fatto. Amore. È talmente difficile arrendersi all’amore, ma è talmente bello sentirsi amati. È una specie di miracolo. Adesso, quando pensa a Vittorio, gli si apre il cuore. Gli sembra che sia la persona più bella del mondo. Un po’ ne è stupito, un po’ gli sembra di essere stato cieco per troppo tempo. E adesso che finalmente vede la luce, gli sembra persino di non meritarla.
Walter cerca nel cassetto la foto in cui è abbracciato a Vittorio, all’inaugurazione della loro libreria. Appaiono felici. È una foto bellissima.


Una settimana è un tempo infinito quando la si passa con un chiodo fisso che trapana il cervello. Vittorio ha guardato per ore le foto scattate all’inaugurazione. Ce n’è una in cui è abbracciato a Walter. È bellissima. In quella foto sono felici. Ma adesso vi legge una felicità diversa. Vorrebbe ritornare a quel momento, a quell’abbraccio, e sentire nella carne le sensazioni che adesso riesce solo a immaginare. Vittorio non ce la fa più. Ormai ha capito che non può più rimandare. Il desiderio di rivedere Walter è diventato troppo intenso. Lo vuole guardare negli occhi e lasciare che vi legga quello che ormai si è piantato dentro di lui come una malattia incurabile. Non gli era mai successo, ma non per questo non può adattarsi alla situazione. Ha un solo pensiero, quello di andare alla libreria, prima della chiusura.
Entra. Walter è impegnato con l’ultimo cliente, non lo vede. Ma lui sì. E vederlo ha il potere di smuovergli il sangue. Quando si libera, Vittorio si avvicina. Walter lo guarda stupito, ma poi c’è qualcos’altro nei suoi occhi. Qualcosa che emana un calore quasi insopportabile. Si sorridono, ma in un modo completamente nuovo.
   
– Vieni - lo invita Vittorio, portandolo nel retro.

Appena dietro la porta, spinge Walter contro il muro e lo bacia con foga.
Walter lo abbraccia stretto. Non si dicono nulla. Non ce n’è bisogno. Sono le loro mani, le loro labbra, i loro corpi, a parlare, a dirsi cose che mai si sarebbero immaginati, a perderli in un mondo per cui non possiedono mappe. Dovranno trovare le strade da soli, ma questo non li spaventa affatto.
   
– Ti amo, Vittorio.
   
– Ti amo, Walter.
   
– Andiamo a chiudere. Stasera vieni a cena da me. Abbiamo un sacco di cose di cui parlare - gli dice Walter.

Mentre stanno per spegnere le luci, entra timidamente una ragazza.
   
– Scusate, avete trovato una busta? Ah, eccola. Non ricordavo più dove l’avevo lasciata.

Mentre la ragazza se la riprende, Walter e Vittorio si guardano con immenso stupore.
   
– Credevo me l’avessi scritta tu - dice Walter.
   
– E io che me l’avessi scritta tu.

Si fissano ancora per qualche secondo e poi si baciano di nuovo.
In fondo, chi se ne frega perché sono arrivati fino a lì.